Il manifesto - Come reinventare il governo delle città

(08/03/2015) - [ di Luigi Nieri ] E' ancora pos­si­bile gover­nare le città e i ter­ri­tori del nostro Paese? È que­sto l’interrogativo dram­ma­tico sol­le­vato, qual­che tempo fa, da Tonino Perna sulle colonne di que­sto gior­nale. È pos­si­bile ancora ammi­ni­strare Enti Locali con mon­ta­gne di debiti, scar­sità di risorse e una crisi che ha fal­ci­diato migliaia di posti di lavoro in pochi anni? È pos­si­bile rispon­dere alle esi­genze, ad esem­pio, di quelle peri­fe­rie urbane peren­ne­mente in sub­bu­glio e con sem­pre meno spe­ranze? Siamo di fronte a «città ingo­ver­na­bili» o all’impraticabilità di campo della poli­tica? È la resa incondizionata?

Svol­gere oggi il com­pito di ammi­ni­stra­tore non è sem­plice. Ormai da anni non si fa che inter­ve­nire con tagli agli Enti Locali, alle risorse cor­renti. I debiti inso­ste­ni­bili ere­di­tati dal pas­sato – come nel caso di Roma Capi­tale, dopo una gestione fal­li­men­tare fatta di spre­chi e Paren­to­poli di Ale­manno, che pure aveva goduto, nel 2008, dell’azzeramento dei debiti da parte del Governo – ha reso dif­fi­ci­lis­simo dare rispo­ste alle esi­genze cre­scenti della cittadinanza.

Con le riforme pro­po­ste dal Governo Renzi, inol­tre, non solo gli Enti Locali, ma la popo­la­zione stessa diventa sem­pre più sog­getto pas­sivo. Su temi quali lo svi­luppo locale, il lavoro, la for­ma­zione, i governi locali sono diven­tati ormai meri sog­getti attua­tori di deci­sioni prese dall’alto, con poco e a volte nes­sun mar­gine di mano­vra. Riforme come il Jobs Act, ad esem­pio, can­cel­lano una lunga sta­gione di con­qui­ste sul tema dei diritti del lavoro, con riflessi nega­tivi sui ter­ri­tori. Tutto ciò senza che le ammi­ni­stra­zioni ter­ri­to­riali siano dotate degli stru­menti per con­tra­stare tali riflessi nega­tivi, men­tre restano ber­sa­gli quo­ti­diani della rab­bia dei cit­ta­dini esasperati.

In un tale con­te­sto, la domanda che biso­gna porsi, a mio modo di vedere, è innan­zi­tutto que­sta: si può lavo­rare per il cam­bia­mento senza un pro­getto poli­tico che ponga alle pro­prie fon­da­menta la coe­sione sociale e metta insieme, in modo oriz­zon­tale, quelle sog­get­ti­vità disperse — come le chiama Enzo Scan­durra nel suo recente inter­vento su Il Mani­fe­sto — che vanno dai pre­cari ai disoc­cu­pati, dalle asso­cia­zioni ai comi­tati che si bat­tono per il bene comune e i diritti? Si tratta di un tema che merita un’approfondita rifles­sione a livello nazio­nale, dove Sel è all’opposizione, ma anche a livello locale, dove Sel è al governo di molte città con il Pd. Sui ter­ri­tori sono tante e impor­tanti le espe­rienze di governo di cen­tro­si­ni­stra. In quei ter­ri­tori ogni giorno si prova a fron­teg­giare la crisi, a cer­care rispo­ste, anche inno­va­tive, che non lascino spa­zio allo scon­forto, alla per­dita di ogni speranza.

Serve un nuovo modello demo­cra­tico. È neces­sa­rio rimet­tere la par­te­ci­pa­zione al cen­tro delle poli­ti­che nazio­nali e ter­ri­to­riali, anche per attuare pro­getti che non siamo calati dall’alto, ma che siano frutto di un per­corso maturo e con­di­viso. Solo con l’allargamento della par­te­ci­pa­zione, infatti, la sini­stra può ritro­vare linfa vitale ed essere utile alle per­sone. Per­ché è quello il suo com­pito sto­rico. È neces­sa­rio porre al cen­tro di ogni pro­getto poli­ti­che capaci demo­cra­ti­ca­mente di gover­nare le «città ingo­ver­na­bili». È neces­sa­rio un pro­cesso di ristrut­tu­ra­zione com­ples­siva dei debiti degli Enti Locali, in un’ottica di rilan­cio degli stessi, per abban­do­nare defi­ni­ti­va­mente la pro­spet­tiva puni­tiva che ha carat­te­riz­zato i tagli lineari intro­dotti da Monti e por­tati avanti dai governi suc­ces­sivi. È neces­sa­rio ripen­sare la fisca­lità ter­ri­to­riale, che va sem­pre più legata alle esi­genze del ter­ri­to­rio e a cri­teri di pro­gres­si­vità e sus­si­dia­rietà. Ed è neces­sa­rio rimet­tere com­ple­ta­mente in discus­sione il Patto di Sta­bi­lità. Non basta allen­tarlo, per­ché biso­gna divi­dere la lotta agli spre­chi dai tagli al sociale, alla cul­tura, alla vita delle per­sone. Serve subito un segnale in que­sto senso, altri­menti andremo effet­ti­va­mente verso l’impraticabilità di campo delle ammi­ni­stra­zioni locali.

Roma, tut­ta­via, in que­sta prima parte di con­si­lia­tura, sta pro­vando a inver­tire la rotta. La città ha intra­preso un per­corso auto­nomo e inno­va­tivo, lan­ciando una sfida sul ter­reno della mobi­lità soste­ni­bile, della difesa dell’ambiente, dei diritti, della valo­riz­za­zione dei beni archeo­lo­gici e cul­tu­rali, non­ché sul ter­reno della rige­ne­ra­zione urbana, dicendo basta alla cemen­ti­fi­ca­zione. Abbiamo rimesso al cen­tro delle nostre atten­zioni le peri­fe­rie, nella con­vin­zione che Roma è tutta Roma e che la peri­fe­ria non è la città negata, bensì è la città vera. Non si può chia­mare peri­fe­ria, infatti, il luogo dove vive la mag­gio­ranza dei romani. Per­ciò vogliamo che ogni peri­fe­ria diventi un pic­colo cen­tro. A fronte della evi­dente scar­sità di risorse, infine, ser­vono idee. Anche a costo zero. Pro­prio per que­sto, nei pros­simi giorni a Roma par­tirà un grande pro­cesso di par­te­ci­pa­zione che attra­ver­serà tutta la città e riguar­derà pro­prio le peri­fe­rie, quelle che fini­scono sui gior­nali solo quando diven­tano tea­tro di scon­tri o con­te­sta­zioni. Il 20 e 21 marzo alla Casa della Città daremo vita a #idee­fuo­ri­cen­tro, due giorni di con­fronto sulle peri­fe­rie e nuove cen­tra­lità. Vogliamo discu­tere con asso­cia­zioni, comi­tati, blog­ger, realtà ter­ri­to­riali, cit­ta­dini che hanno idee e pro­getti per costruire nuove poli­ti­che con­di­vise, di cui sen­tiamo — in que­sta sta­gione di per­so­na­li­smi e di uomini soli al comando — un dispe­rato bisogno.

Articolo pubblicato su "il manifesto"

 

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