Fermiamo l’austerità. Riprendiamoci la crescita, riprendiamoci l’Europa

(21/07/2014) - Nel 2012 il Parlamento italiano ha approvato la modifica dell’articolo 81 della Costituzione, introducendo il pareggio di bilancio nella Carta Costituzionale: un’esagerazione non richiesta neppure dai dogmi imposti dall’austerità che regna sovrana in Europa ormai da anni, una misura che va addirittura oltre il Fiscal Compact imposto all’Italia.

Per dare attuazione al nuovo articolo 81 della Costituzione è stata poi approvata la legge n. 243/2012. Per modificare 4 articoli di questa scellerata legge, che sta letteralmente bloccando l’Italia, è stato proposto un referendum con 4 quesiti, che io sostengo in maniera molto convinta.

Le politiche di austerità da anni soffocano l’Europa e condannano alcuni Paesi, come l’Italia, a una crisi senza fine. Per uscire da questa situazione, dobbiamo raccogliere le 500.000 firme necessarie entro il 30 settembre 2014 per presentare il referendum e, poi, nel 2015, dobbiamo sconfiggere l’austerità votando 4 volte sì per abrogare alcune disposizioni della citata legge n. 243 del 2012. L’eccesso di rigore è un danno enorme allo sviluppo del nostro Paese e alla stessa stabilità dei conti pubblici.

Bisogna dare una svolta positiva alle ottuse politiche economiche europee che stanno contribuendo al perdurare della crisi e all’inasprimento della povertà. I tagli indiscriminati allo stato sociale, l’assenza di investimenti per il futuro delle imprese e dei giovani, gli aumenti insostenibili della pressione fiscale stanno riducendo letteralmente alla fame milioni di persone. Dobbiamo fermare questa deriva spiegando a ogni singola persona che questa campagna referendaria può offrire una via di fuga dai tecnicismi senza futuro dell’Unione Europea. Dobbiamo far crescere nell’opinione pubblica la mobilitazione contro la linea dell’austerità, che non è un concetto astratto, anzi. Queste politiche sbagliate, imposte senza neanche discuterne, hanno fatto sì che dal 2007 al 2013, secondo gli economisti, i giuristi e gli studiosi che propongono il referendum anti Fiscal Compact, il tasso di disoccupazione passasse dal 6.1% al 12.7% e il dato della disoccupazione giovanile addirittura salisse dal 20,3% al 43,3%, come ha di recente confermato l’Istat, per di più con la scomparsa, in questi anni, di centinaia di migliaia di imprese. Numeri che fanno tremare i polsi.

Tutto ciò in presenza di una secca diminuzione del PIL reale e, allo stesso tempo, paradossalmente, di un aumento del debito-PIL dal 103.3% al 132.7% e un aumento del deficit-PIL che è passato da un 1.6% a un 2.8%. E’ dunque ben evidente che l’austerità imposta non è affatto la soluzione ai problemi della crisi economica, al contrario li ha aggravati e li continuerà ad aggravare, se non facciamo subito qualcosa. E’ sulla pelle delle persone che pesano questi numeri, perciò serve dire no alla politica del rigore e sì a una politica di sviluppo e investimenti. Bisogna ridare fiducia alle persone e agli investitori. Non si può restare inchiodati allo spauracchio del debito per paralizzare l’economia italiana. I trattati internazionali non tengono conto della vita delle persone, perciò tocca a noi rimetterla al centro della scena. I Trattati vanno rivisti, partendo dal cuore del problema, che è il Fiscal Compact. Perciò è fondamentale vincere questa battaglia referendaria.

La campagna “Stop all’austerità. Sì alla crescita, sì all’Europa del lavoro e di un nuovo sviluppo” ci porterà al voto popolare nella primavera 2015 e potrà essere un voto di importanza storica, come nel caso dei referendum sull’acqua pubblica. Lo stesso spirito ci deve muovere, perché questa è una battaglia di civiltà: le persone hanno diritto di prendere in mano il proprio futuro dicendo basta agli incomprensibili e arbitrari tecnicismi insensati che stanno distruggendo la vita delle persone, costando posti di lavoro, diminuzione dei servizi pubblici, tasse alle stelle. Diciamo basta a tutto questo, raccogliamo le firme necessarie per presentare il referendum per abolire le regole, non previste dalla Carta repubblicana né dai trattati europei firmati dall’Italia, che applicano in modo rigido e miope il principio del pareggio in bilancio fra entrate e uscite. Non ci serve una lettura integralista dell’austerità finanziaria adottata dalle istituzioni comunitarie, perché produce solo strategie vessatorie e restrittive per l’economia, il lavoro, lo sviluppo del nostro Paese.

Firmiamo e facciamo firmare tutti per il referendum contro l’austerità! http://www.referendumstopausterita.it

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